CANZONI
“VECCHIE E “NUOVE”
(riserva
di collocamento, campionamento, plagio e questioni adiacenti)
Premessa.
Uno degli
argomenti più complessi in tema di diritto d’autore (come già ho altrove
rilevato ([1])) è quello
della tutela “parziale” (quantitativa) delle opere dell’ingegno, e cioè il
limite entro il quale un’opera rimane tale (e non una “parte”, priva di qualsiasi
autonomia e individualità, di altra) ed è quindi protetta nonché quello,
marginale ma meritevole di considerazione, dell’utilizzo tipico e specifico (sorta
di parzialità “qualitativa”) mediante un’interpretazione dell’opera diversa da
quella sua “prima”.
In altre forse
più evidenti parole: le questioni qui affrontate attengono tutte
(indipendentemente dal loro aspetto quantitativo o qualitativo) alla possibile
incidenza esterna di soggetto diverso dall’avente diritto sulla medesima, sullo
sfruttamento dell’opera.
Nello specifico,
saranno qui di seguito considerate le opere musicali, per le quali la casistica
può lasciare perplessa più di una persona: è stato appositamente banalizzato il
titolo di queste righe proprio in ragione di ciò: “vecchia” è l’opera di
partenza, “nuova” o comunque in qualche modo difforme nella sua percezione
quella “finale” che alla prima fa riferimento.
Le tre fattispecie
esaminate, a mio parere, hanno anche fra loro per lo meno una “affinità
commerciale” che induce a considerarle insieme e l’ulteriore elemento di una
visione evolutiva, o dinamica, della protezione delle opere musicali.
Preciso che,
salva qualche considerazione specifica, la disamina sarà limitata all’ambito
normativo (e più in generale giuridico) italiano, quindi alla legge n. 633 del
22 aprile 1941 e alle disposizioni da essa in qualche modo derivate.
Inoltre, non riprenderò
le osservazioni già svolte con riferimento all’articolo 70 della legge n. 633
del 1941: non solo per non ripetermi, ma anche e soprattutto perché quella
norma in tema di “riassunto”, “citazione” o “riproduzione” di parti di opera preesistente – essendo eccezione
“difensiva” del soggetto utilizzatore dell’opera altrui ([2]) – presuppone
per la sua applicazione di essere in presenza di situazioni in cui vi siano finalità
“di critica o di discussione”, cioè utilizzi
che esulano da quello comunque commerciale, seppure artistico, riferibile a un’opera
musicale. Le situazioni limite ovviamente richiederanno peraltro anche la
considerazione di tale eccezione di legge, verosimilmente escludendone tout court l’invocabilità ([3]).
Stante la sua adiacenza
concettuale, in quanto di nuovo trattasi spesso di difesa sollevata in caso di
contestazione, più che di qualificazione ab
origine dell’opera nuova, non considererò nemmeno l’argomento della parodia
([4]), la
quale, necessariamente, trova fondamento in un’opera precedente, appunto. Si
rammenta come in Italia difetti di questa pratica una nozione normativa e la
giurisprudenza in materia sia piuttosto scarsa ([5]), peraltro
con qualche “dissonanza” a un certo favor
nei confronti del parodiante proprio in tema di opere musicali ([6]).
1. Riserva di collocamento e “versioni” di
un’opera.
Innanzitutto,
esiste un istituto poco noto ai non esperti chiamato “riserva di collocamento”,
disciplinato dalla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), in forza del
quale ([7]):
“[l]imitatamente alla prima riproduzione delle opere su supporti fonovideografici e delle corrispondenti versioni digitali “on line” aventi contenuto musicale e destinati alla distribuzione al pubblico per l’uso privato, l’Associato o Mandante ha facoltà di scelta dell’utilizzatore per un periodo non superiore a sei mesi dalla notifica alla Società, con comunicazione con avviso di ricevimento, dell’intenzione di avvalersi di tale facoltà” ([8]).
Giova peraltro evidenziare
che detta riserva è a cura dell’aderente alla Società; onde “[s]e l’aderente si è riservata l’attività di
collocamento, e cioè la facoltà di scelta dell’utilizzatore, la Società può
concedere la licenza soltanto a chi sia all’uopo indicato dall’aderente”. Però
“[q]uesti può comunicare la riserva del
collocamento anche successivamente alla dichiarazione dell’opera, restando in
tal caso salvi gli effetti delle licenze di rappresentazione eventualmente già concesse
dalla Società”([9]).
Pertanto, a determinate
condizioni viene accordata ai titolari dei diritti sull’opera musicale una
breve esclusività di utilizzo, assoluta o relativa a seconda del tempo di
richiesta di riserva e di eventuali pregressi licenziatari; esclusività atta a
escludere la proliferazione di “versioni” registrate della predetta opera.
Una volta cessata
l’efficacia della riserva di collocamento, o prima della sua effettuazione, secondo
la procedura prevista da SIAE sarà possibile per un soggetto diverso dai
titolari dei diritti sull’opera effettuare delle “cover version” ([10]) fonografiche
(o videografiche).
È il caso di
osservare come non necessariamente la versione registrata per prima sia sempre
quella che avrà maggior successo: si pensi a “New York, New York” ([11]): si
potrà preferire l’interpretazione datane da Frank Sinatra (formalmente una
cover) oppure quella iniziale di Liza Minnelli ([12]).
Pertanto, è possibile
affermare che anche nell’ambito del diritto d’autore esiste per le opere
musicali una “privativa”, sicuramente forte ma molto breve e discrezionale.
All’estero il
tema si fa più complesso, con – in certi casi – un vero e proprio diritto di
veto, a che si utilizzi da parte di altri un’opera musicale, o anche solo un
frammento di essa (ed ecco che si perviene al prossimo argomento), sulla quale
si vantano dei diritti ([13]).
2. Campionamento.
L’utilizzo quantitativamente
parziale di un’opera musicale altrui più semplice da identificare è quello dei
campionamenti, o “sample” ([14]).
Innanzitutto,
anche per i campionamenti esiste il “doppio binario”: corpus mysticum (opera)/corpus
mechanicum (registrazione), che è un leit
motiv nel settore del diritto d’autore in ambito musicale.
Pertanto, anche
in questo ambito ogniqualvolta si discute di una registrazione occorre tenere
presente altresì l’opera musicale “sottostante” e i relativi diritti, gli unici
“d’autore” essendo quelli sulla registrazione soltanto “connessi” ([15]) e
derivati dai primi, in quanto non c’è registrazione senza opera musicale
relativa, anche nei casi in cui si trattasse di un’opera improvvisata in sede
di sua esecuzione contestualmente registrata.
Con
l’espressione “campionamento”/“sampling”
s’intende l’uso di una “porzione” (o frammento) di un’opera musicale ([16]) preesistente
che viene a essere impiegata in un’altra opera, nuova, di cui diviene parte:
può trattarsi di un frammento solo musicale o dotato anche di testo ([17]) ([18]).
Per essere
legittimo, il campionamento e il suo uso ([19]) devono
essere autorizzati dai titolari dei diritti sull’opera “campionata” ([20]).
Evidentemente,
si pone un problema di identificazione del campionamento: nel senso che una
frazione irriconoscibile di un’opera preesistente può non essere molto “utile”
all’opera nuova, ma il tema non è suscettibile di essere ridotto a formule. D’altro
canto, anche più frammenti non significativi di opere di uno stesso autore (o
interprete) potrebbero attribuire alla nuova opera uno “stile” non suo, come se
chi campiona si appropriasse di pregi e qualità altrui: suonare (per
l’ascoltatore) “come …” ([21]) non
essendolo.
Contrattualmente,
la materia del campionamento deve essere considerata almeno sotto due aspetti.
Negli accordi
fra autore/compositore ([22]) e
l’editore, quest’ultimo cercando sempre di essere manlevato dal primo nel caso
in cui da un campionamento derivassero controversie. Evidentemente, per le
ragioni qui di seguito accennate, l’editore deve poter gestire anche quelle opere
dei “suoi” autori che fossero esse stesse oggetto di campionamento. Con un caveat: esiste sempre, e comunque, un
limite “morale” che non può essere oggetto di rinuncia; pertanto nonostante la
sussistenza di previsioni contrattuali che lo permettono, in condizioni
particolari l’autore potrebbe comunque cercare di impedire all’editore di
autorizzare il campionamento di una sua opera affermando che quel campionamento
sia lesivo di sue prerogative “morali” (incedibili, imprescrittibili).
Nelle intese, di
natura squisitamente patrimoniale (crediti inclusi), fra l’editore dell’opera
campionata e l’editore di quella contenente il “sample”.
Prudenzialmente,
è possibile preoccuparsi del campionamento anche nei contratti fonografici:
soprattutto quanto ai rapporti fra il produttore di fonogrammi e quei soggetti,
diversi dall’artista, che partecipano alle registrazioni ([23]) e
poi, specularmente a quanto già considerato, occuparsene anche con riferimento
ai rapporti (crediti inclusi) fra produttore di fonogrammi della registrazione
campionata e produttore di quella che contiene il sample.
Ai lettori più
attenti non può certo sfuggire come ogni campionamento non autorizzato rischi
di trasformarsi in una questione di plagio, cioè di “copiatura” o, anzi e
addirittura, di “appropriazione” di un frammento – rilevante – di un’altrui
opera e, eventualmente ma non sempre (se si “risuona”/“ricanta” il frammento),
anche di una relativa registrazione fonografica dell’opera stessa ([24]).
A meno che, e la
prassi non è ignota soprattutto all’estero, il campionamento sia autorizzato ab origine: esistono imprese che
concedono in licenza campioni realizzati da loro autori proprio per essere
impiegati come parti di opere musicali da altri.
Prima di passare
all’argomento plagio occorre però svolgere un’altra riflessione.
Se è vero, e lo
è, che un autore può sicuramente elaborare una propria precedente opera, questo
suo diritto può avere delle limitazioni che, fino a una decina di anni fa
potevano sembrare improbabili (sebbene non impossibili).
Facciamo il caso
di un autore che agli inizi della propria carriera autoriale/compositiva abbia
creato un’opera musicale di grande successo, ceduta a un editore ([25]).
Questo autore una decina di anni dopo, avendo costituito una propria impresa
editrice musicale cui “cede” i diritti delle sue nuove canzoni, crea una
canzone che in parte impiega frammenti della vecchia opera.
Ebbene, potrebbe
sorgere un problema di natura contrattuale, dunque di diritti relativi e non
assoluti (come accade invece nel caso di un “classico” plagio da parte di
terzi) per il fatto che l’autore si “ispiri” a se stesso ([26]),
magari addirittura attingendo “testualmente” al proprio repertorio, dunque
plagiandosi (nel caso di auto citazione testuale si potrebbe ipotizzare un “auto
campionamento”) ([27]).
3. Plagio (parziale).
Pensare di poter
trattare esaurientemente il tema del plagio in questa sede sarebbe peccare gravemente
di presunzione. Inoltre, posto che entro l’ambito delle opere dell’ingegno il
plagio può riguardare non solo opere musicali, quindi ampliando ulteriormente
il tema.
Mi riporto
quindi a uno scritto di ben maggiore portata ([28]), citandolo
“depurato” dei riferimenti in nota.
Il termine
“plagio” è solitamente utilizzato per indicare diverse fattispecie illecite: il
plagio stricto sensu, la
contraffazione ed il plagio-contraffazione.
Il plagio in senso stretto si riferisce alla sola
violazione del diritto morale dell’autore, che si verifica qualora una persona
riproduca pedissequamente un’opera altrui, rappresentandola come propria.
La contraffazione è, invece, lo sfruttamento non
autorizzato dell’opera altrui, con lesione del solo diritto patrimoniale
d’autore.
Il plagio-contraffazione, infine, è ravvisabile
quando, oltre all’usurpazione di paternità dell’opera, con conseguente
violazione del diritto morale d’autore, vi è la lesione dei diritti
patrimoniali.
Oggi – come in passato – la contraffazione ed il
plagio si qualificano, dunque, quali fatti illeciti che aggrediscono ed
attentano alla titolarità ed alla integrità di un’opera dell’ingegno avente i
tratti e gli elementi dell’originalità.
L’agente plagiario compie, di prassi, un’attività di
mera riproposizione dei requisiti salienti di un’opera dell’ingegno
preesistente, elaborandone o semplicemente modificandone taluni elementi,
presentando l’opera al pubblico come se fosse completamente nuova ed
attribuendosene così la paternità.
Il plagio si rivela dunque quale contraffazione
qualificata ed aggravata, rispetto ad una semplice riproduzione abusiva che non
usurpi l’altrui paternità dell’opera.
Tuttavia i termini plagio e contraffazione vengono
usati, di fatto, alternativamente; tanto che non costituisce un’improprietà
linguistica utilizzare tali espressioni per individuare un’unica violazione del
diritto d’autore ([29]).
Si può
aggiungere che in linea generale la “percezione” del preteso plagio è
solitamente conseguente allo sfruttamento dell’opera musicale ritenuta
plagiaria e, pertanto, spesso la questione pone, all’origine, in
contrapposizione fra loro le registrazioni fonografiche delle due opere, ma in
una seconda e ben più articolata fase sono le due opere musicali a essere
oggetto di analisi e disamina.
Con l’avvertenza
che in una controversia di plagio la soccombenza del soggetto (o più di uno)
che lamenta il plagio può anche giungere all’affermazione che l’opera
precedente non sia originale e,
dunque, meritevole di tutela.
Dati questi
concetti essenziali, l’attenzione evidentemente si sposta sulla casistica con
un approccio comunque quantitativo, ma non generalizzante, poiché certe pretese
“formule meccaniche” si rivelano come inutilizzabili come regola.
Scrivo di approccio
quantitativo entro una “case by case
analysis” in quanto ([30]) il
raffronto è di regola svolto come segue: “il miglior criterio per scoprire la
contraffazione [...] relativamente alle opere [musicali] che si tengono a modelli uniformi che anche
nelle loro forme di espressione seguono certi passaggi fondamentali invariabili
non può che fondarsi sull’analisi quantitativa delle similitudini e delle
conformità” ([31]).
Dunque, entro
questi mobili confini dell’originalità e della novità relative, non assolute ([32]), l’interprete
potrà di volta in volta risolvere il problema del rapporto fra una canzone
“vecchia” e una “nuova”.
4. Conclusioni.
In conseguenza
della ricognizione qui offerta, dovrebbe essere un poco più semplice districarsi
nelle differenze esistenti fra i vari possibili “usi parziali” di opere
musicali altrui.
Quello
dell’opera protetta da riserva di collocamento è un tema destinato usualmente
ad avere una rilevanza temporalmente ridotta.
Lo scrimen concettuale fra campionamento e
plagio potrebbe essere dato dalla volontarietà esplicita nell’uso di parte
dell’opera altrui nel primo caso.
Mentre nella
seconda fattispecie – almeno secondo le scelte del Legislatore italiano: da un
lato, per affermarne la sua antigiuridicità non si richiede la volontarietà del
plagio (a meno che non si versi nella contraffazione in senso stretto);
dall’altro, anche e comunque, potrebbe sussistere un plagio “non identificato”
quanto all’opera colpita dallo stesso.
Si può, anche,
aggiungere che il campionamento ha una pedissequità necessaria nel “prendere” dall’opera
campionata e “ripetere” che non è invece elemento sempre richiesto per
configurare un plagio.
Sotto il profilo
pratico, scelte patrimoniali potrebbero indurre a non preoccuparsi molto sino a
che un soggetto terzo lamenti il preteso campionamento non autorizzato ([33]) o
il preteso plagio.
Con la
precisazione che, al di là della capacità persuasiva del soggetto nel caso
singolo, affermare che si trattava solamente di “un omaggio a …” significa confessare l’essersi appropriato di
qualcosa di altrui e, quindi, l’indagine si sposta automaticamente sulla
legittimità di detta appropriazione, indipendentemente dalla sua qualificazione
(e dai suoi fini).
Stefano
Galli
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suo autore al momento della sua redazione, esso non costituisce, nemmeno in
parte, parere legale o professionale
© 2014-2019 Stefano Galli, Milano, Italia.
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senza il preventivo ottenimento, in ciascun caso, dell’espresso consenso
scritto dell’autore.
[2]
Spostandosi nei sistemi anglosassoni, devo però precisare come la difesa del “fair use” sia sollevata anche in casi in
cui sono sub iudice ipotesi di
“campionamento” di altrui opere musicali.
[3]
L’autore di un’opera musicale che includesse una strofa di “The Hollow Men” nel
proprio testo senza includere T. S. Eliot fra gli autori non potrebbe invocare
l’articolo 70 (o sua norma omologa o il precitato fair use); appena riconosciuta la strofa, il problema sarebbe
solamente quello di un suo uso non autorizzato.
Qualche complicazione in
più potrebbe verificarsi per un’opera audiovisiva comprendente anche immagini
(fisse o in movimento) e/o registrazioni audio altrui.
[4] Il
vocabolo deriva dal greco “parōidía”: composto dal prefisso “para”
– vicinanza, somiglianza, affinità, deviazione, alterazione, contrapposizione;
e dal termine “ōidé” – canto: G. DEVOTO e G. C. OLI, voce “parodia”,
in Il dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnnier, 2007.
Si rinvia inoltre a: V. DE SANCTIS, voce “Autore (diritto di)”, in Enc. dir., IV, Milano, Giuffrè, 1959, pagg. 417 e ss., pagg. 417 e
418, nonché ad A. ARIENZO, voce “Parodia”, in Noviss. dig. it.,
XII, Torino, Utet, 1965, pagg. 448 e 449.
[5] In
argomento, rinvio a P. VISCO – S. GALLI, Il
diritto della musica, Milano, Hoepli, 2009, pagg. 316-321.
Oltre alle citazioni ivi,
si aggiungano almeno le seguenti: per la giurisprudenza le ordinanze di Trib.
Milano, Sez. PII, 14 luglio 2011
in sede di giudizio di reclamo con la Fondation Alberto
et Annette Giacometti come soggetto ricorrente e di Trib. Milano, Sez. feriale,
13 settembre 2004 sempre in sede di giudizio di reclamo (la quale in qualche
modo accomuna parodia e satira) con Trenitalia quale soggetto ricorrente. Per
la dottrina due note alla sentenza di Milano del 14 luglio 2011: L. BRICEÑO
MORAIA, “’Arte appropriativa’,
elaborazioni creative e parodia”, in Riv.
dir. ind., 2011, pagg. 357 ss e G. SPEDICATO, “Opere dell'arte appropriativa e diritti
d'autore”, in Giur. comm., 2013, II,
pagg. 118 e ss.
Non sembra prendere
posizione sulla questione, bensì solamente sulla durata del diritto d’autore,
la sentenza civile della Corte d’Appello di Roma del 19 novembre 2012 sul
personaggio letterario Zorro.
[6] Mi
riferisco alla sentenza del Tribunale civile di Milano che ha sancito come: “al
di là (...) della più o meno accentuata radicalità della variazione
apportata al testo della composizione, l’identità della parte musicale
dell’opera in ragione del suo carattere unitario impedisce di ritenere sussistente
una reale e non meramente apparente contrapposizione ideale e contenutistica
tra le diverse composizioni” e che “nelle opere musicali (...) la
parte musicale assume un’importanza preponderante e quindi non è possibile
considerare nuova una composizione successiva che ricalchi esattamente il tema
musicale della precedente” (Trib. Milano, Trib. Milano, 31 maggio 1999, in AIDA,
2000, pagg. 732 e ss., con nota senza titolo di A. CAPPELLARO).
[7] Mi
limito sempre alle opere musicali, pur se la disposizione ha respiro più ampio:
si cfr. gli articoli 37 e 38 del medesimo Regolamento.
[8]
Articolo 31 del Regolamento Generale SIAE nel testo vigente.
La norma è contenuta nella
Sezione I - “Opere e diritti”, del Capo II - “Norme speciali per la Divisione Musica”, del
Titolo II - “Protezione delle opere”, del Regolamento.
[9] V. DE
SANCTIS – M. FABIANI, I contratti di
diritto d’autore, seconda edizione Milano, Giuffrè, 2007, a pag. 200.
[10] Con
“cover version” normalmente s’intende una versione di un’opera musicale in
precedenza già interpretata da altri. La cover version può essere registrata,
ma non solo: è possibile che un artista inserisca una “canzone” altrui nel
proprio repertorio dal vivo senza registrarla (dal vivo o in studio, non fa
differenza).
[11]
Preciso che il titolo esatto è “Theme from New York, New York”, anche per non
confonderla con la canzone, un altro successo, del 1944.
[12] I
casi sono innumerevoli e quindi è inutile procedere con altre esemplificazioni.
[13] Per
gli USA si consideri ad esempio questo breve excursus: “Legal issues: When you need permission”, in http://thecoverstories.blogspot.it/2011/02/legal-issues-when-you-need-permission.html
[14] Per
maggiori approfondimenti si può partire da P. VISCO – S. GALLI, Il diritto della musica, cit., pagg.
330-349.
Preferisco utilizzare il
termine campionamento anche per la “parte” oltre che per la “pratica” in quanto
la parola campione può dar luogo ad equivoci nel settore della fonografia.
[15] Il
diritto d’autore ha per oggetto, com’è noto, l’opera dell’ingegno – in questo
caso musicale – in sé considerata, espressione della creatività dell’autore ed
intesa quale “corpus mysticum” –
opera che può, ma non necessariamente deve, essere “contenuta” e fissata nella
registrazione fonografica (o nelle registrazioni fonografiche: l’opera è una,
ma le sue registrazioni possono essere anche molteplici).
La fonte normativa della
disciplina a tutela dell’opera musicale sostanzialmente si trova nel titolo I,
in particolare negli articoli da 12
a 19 della legge n. 633/1941 nel testo vigente ed in
altre disposizioni contenute anche negli articoli 2575 e seguenti del codice
civile, nonché nella legislazione speciale relativa alle forme di utilizzazione,
ai modi di trasferimento ed alla tutela giurisdizionale.
Rispetto ai diritti
connessi, si parla invece di corpus
mechanicum. In particolare, il diritto del “produttore di fonogrammi”
(artt. 72 e seguenti legge n. 633/1941. In precedenza “produttore di dischi
fonografici ed altri apparecchi analoghi”: si cfr. il d. lgs. n. 68 del 9
aprile 2003), attiene al fonogramma, rectius
alla registrazione fonografica che esso contiene, inteso quale “corpus mechanicum”, appunto, cioè un
supporto materiale e prodotto finalizzato alla commercializzazione industriale
in sé medesimo, contenente l’opera musicale.
I diritti relativi al “fonogramma” (già supporto fonografico),
appartengono all’imprenditore (comunemente detta “casa discografica”, più
precisamente impresa fonografica), quale titolare del prodotto industriale;
diritti la cui fonte legislativa essenziale è posta nel titolo II della legge
n. 633/1941, titolo che regola per l’appunto i “diritti del produttore di
fonogrammi” (artt. 72 e seguenti legge n. 633/1941); diritti il cui fatto
genetico, come è noto, non è la creazione di un’opera dell’ingegno,
bensì la realizzazione di un “prodotto” (art. 75 legge n. 633/1941) – la
registrazione originale – frutto di uno sforzo organizzativo e finanziario di
tipo imprenditoriale e, in quanto tale, suscettibile di essere duplicato e
venduto sul mercato ed il cui utilizzo è subordinato al preventivo consenso
dell’avente diritto.
Quelli qui sopra riassunti sono principi rinvenibili in tutta la
miglior manualistica in materia.
[16] Come
già premesso, evidentemente, il confine con la “citazione” (oltre che con il
tema del plagio) è non sempre netto.
Nulla di nuovo, peraltro: a
partire dalla Gioconda con i baffi, titolo dell’opera “L.H.O.O.Q.” prima
versione del 1919, di Marcel Duchamp, il quale avendo utilizzato una fotografia
potrebbe comunque portare (almeno in astratto) a valutare il tema della
protezione della predetta fotografia (l’esempio evidentemente è suggestivo:
esso è svolto anche da Spedicato nella sua nota a sentenza sopra citata, ma non
vedo affinità fra esso e Andy Warhol, anche citato da questo autore, posto che
il secondo non partiva da un’opera dell’ingegno, semmai poteva porsi una
questione fra diritti eterogenei: sul marchio e sull’opera figurativa).
[17] Il
tema del testo di un’opera separato dalla musica della stessa e impiegato da
solo non è esattamente riconducibile a un campionamento.
[18]
L’espressione campionamento andrebbe, correttamente, riferita solamente alla
parte contenuta nella nuova opera.
[19] In realtà
quello che rileva in ultima analisi è l’uso, soprattutto in riferimento alle
registrazioni digitali.
[20]
Celebre fu il caso del rapper Vanilla Ice rispetto a un campionamento non
autorizzato di una canzone scritta e interpretata dai Queen con “ospite” David
Bowie (tutti e cinque gli artisti sono nei crediti autoriali-compositivi),
“Under Pressure”, nella sua “Ice Ice Baby”.
Per “crediti” (in Inglese “credits”) si intendono
nomi e cognomi degli autori e – se esistente – nome (o nomi) dell’editore
dell’opera; quanto alla registrazione fonografica i crediti attengono
all’artista (o più di uno con dignità di menzione) che la interpreta e al
produttore di fonogrammi ma non solo: dignità potrebbero avere anche taluni
musicisti e/o artisti ospiti e il produttore artistico/esecutivo.
Quando il sample attiene
anche a una registrazione, i crediti riferiti ad opera e registrazione
campionata possono essere piuttosto articolati. Il campione di “How Soon Is
Now” ha richiesto i seguenti crediti: Morrissey e Johnny Marr per l’opera;
Morrissey, Marr, Andy Rourke e Mike Joyce per la registrazione da cui il
campione è tratto pur se, si badi, il campione si riferisce solo vibrato di
chitarra di Johnny Marr.
[21] Può
essere lo stile di James Brown, forse l’autore-compositore e artista più
campionato di tutti, oppure quello di un virtuoso chitarrista.
[22]
D’ora in poi indicherò con “autore” indistintamente i due casi, salvo ove
necessiti una precisazione.
[23] Si
consideri un produttore artistico di fama che usi propri studi di registrazione
con apparecchiature impiegate in registrazioni diverse.
[24]
Ripeto: il campionamento di una registrazione “include” anche e necessariamente
quello dell’opera musicale registrata.
[25] È
pacifico che la cessione dell’opera musicale sia perpetua, a differenza di
quanto accade per le opere letterarie.
[26] Data
la portata limitata di queste righe, è sufficiente ricordare: M. FABIANI, Il plagio di se stesso,
in Bollettino della SIAE, n. 3,
maggio-giugno 2002, pag. 77 e ss.
[27]
Proprio la natura giuridicamente solamente “obbligatoria” del contendere,
dovrebbe indurre a utilizzare parametri non identici a quelli del plagio
classico nella decisione dei vari casi.
[30] Dopo
aver escluso la validità di taluni tentativi banalizzanti di sostenere la
natura plagiaria di un’opera in danno ad altra in base al numero di battute
uguali (o simili) fra le due.
[31] P. GRECO, P. VERCELLONE, I
diritti sulle opere dell’ingegno, Torino, Utet, 1974, pag. 361. (incisi in
parentesi quadra aggiunti).
[32] Si
rammenti come la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “il concetto giuridico di creatività […] non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma
si riferisce alla personale e individuale espressione di un’oggettività
appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’articolo 1 l . 633/41, di modo che,
affinché un’opera dell’ingegno riceva protezione a norma di detta legge, è
sufficiente la sussistenza di un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di
manifestazione nel mondo esteriore; con la conseguenza che la creatività non
può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici,
ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella
materia”: Cass. civ., 12 marzo 2004, n. 5089, in Foro it., 2004, I, cc. 2441 e ss., a c.
2443 (inciso in parentesi quadra aggiunto).
Ricordo che questa pronuncia del Supremo Collegio richiama Cass.
civ., 2 dicembre 1993, n. 11953,
in Foro it.,
1994, I, cc. 2416 e ss., a c. 2428 (con nota di A. MASTRORILLI, Originalità
nelle opere compilative e informazione), la quale si rifà, a sua volta,
alla risalente pronuncia di Cass. civ., 23 gennaio 1969, n. 175, in Giust. civ.,
1969, I, pagg. 603 e ss., nonché in Dir. aut., 1969, pagg. 215 e ss.,
con breve nota redazionale, e in Foro it.,
Rep. 1969, voce “Diritti d’autore”, n. 28.
[33] A
costo di eccedere in sottigliezza e anche di essere ripetitivo: un
campionamento non impone anche quello di una registrazione preesistente
dell’opera, ma di regola è ciò che accade oppure il frammento viene eseguito
“come l’originale” (il che è più semplice quando si possa far uso di
strumentazione digitale).